Un nutrito gruppo di studiosi a livello internazionale di tutto rispetto, esperti di dipendenza da cibo (food addiction), fisiologia della nutrizione, comportamenti da dipendenza e disturbi alimentari, ci mette in guardia da un problema che spesso si tende a sottovalutare.
La food addiction a volte è erroneamente vista come una debolezza da guardare con comprensione, e non quale realmente è, un problema di salute. Sebbene la food addiction non sia considerata un disturbo inserito nel DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), negli ultimi vent’anni la ricerca relativa a questo argomento ha fatto passi da gigante e ci fornisce dati eclatanti.
Una recente analisi di due rassegne sistematiche, che includevano 281 studi provenienti da 36 differenti paesi, ha evidenziato un tasso di dipendenza da cibo del 14% negli adulti e del 12% nei bambini. Anche se non si raggiungono i livelli del tabacco (18%) e dell’alcol (14%), i dati, soprattutto per quanto riguarda i bambini, sono senza precedenti.
È anche vero che non tutti i cibi hanno un potenziale rischio di dipendenza. Sotto accusa troviamo gli alimenti ricchi di carboidrati raffinati e grassi aggiunti, come dolci e snack salati. Questo tipo di alimenti è fortemente associato a indicatori comportamentali della dipendenza, come un eccessivo apporto, mancanza di controllo di un eccessivo consumo, eccessivo desiderio e uso continuato nonostante le conseguenze negative.
I carboidrati raffinati e i grassi richiamano livelli di dopamina extra cellulare uguali a quelli osservati con l’assunzione di sostanze come la nicotina e l’alcol. I cibi industriali ultraprocessati contengono ingredienti non disponibili nelle nostre cucine e rappresentano la fonte principale di carboidrati raffinati e grassi aggiunti nella fornitura alimentare moderna. Infatti, mentre gli alimenti naturali o minimamente processati contengono carboidrati o grassi, raramente li contengono tutti e due. Ad esempio, 100 g di mela forniscono 55 kcal da carboidrati e 1,5 kcal da grassi (circa 36:1), oppure 100 g di salmone forniscono 0 kcal da carboidrati e 73 kcal da lipidi (circa 0:1).
Al contrario, molti cibi ultraprocessati contengono livelli molto più alti sia di carboidrati che di grassi, in simili proporzioni. Ad esempio, 100 g di cioccolato contengono 273 kcal da carboidrati e 266 kcal da lipidi (1:1). Questa combinazione sembra aumentare l’effetto addictive a livello cerebrale.
I cibi ultraprocessati generalmente sono maggiormente biodisponibili e potenzialmente hanno la capacità di influenzare il cervello più rapidamente. Anche i cibi che noi cuciniamo con ingredienti ultraprocessati, come zucchero e burro, potrebbero essere causa di dipendenza.
Gli Autori sottolineano la necessità di informare la popolazione riguardo queste tematiche e di continuare la ricerca per produrre dati sempre più aggiornati e utili.
Bibliografia
Gearhardt A, et al. Social, clinical, and policy implications of ultraprocessed food addiction. BMJ 2023;383:e075354.